30 settembre 2006

ordine

tra l'autunno che non arriva e l'estate che non se ne vuole andare.
tra i treni in ritardo e gli aerei che chiudono le porte prima del tempo.
tra il sole che non filtra e la nuvola velata che non piove.
tra un naso che rimane gonfio di pressioni, e due piedi che camminano per i pavimenti di mezz'europa.
tra un rosso veneto impegnativo, e un succo di mela versato dall'hostess distratta.
tra tutto questo rimane fissa l'immagine di un uomo rubizzo in viso, enorme d'addome, falsamente castano il capello birbante.
racconta di sistemi automatici per l'ordinazione del fritto misto. sagra di paese, venite gente venite.
è necessario l'ordine moderno, frutto di impulsi che dicono bip, ovvero stanno in silenzio alla velocità della luce.
il y a il n'y a pas, c'è non c'è, uno zero.
l'ordine moderno in mano a gente semplice è un'arma che può rendere difficile la vita.
il prosecco e il rabosello, con la loro schiuma indugiante, bloccano il sistema, che non prevede soste di meditazione.
il pinot è fermo, veloce a scaraffare, liscio in gola e rinfrescante nello spirito.

libreria caffè, poche persone confabulano tra loro di viaggi e tradimenti.
un vecchio professore si informa sul programma di incontri. vorrebbe intervenire, il suo verbo è importante per la giusta armonia della conoscenza.
lo immagino sussurarsi da solo, camminando per la città, parole ben giustapposte che rievocano sentimenti complessi da esternare a folle di curiosi.
il vino è francese, per ricordare esperienze vicine. la polpetta è locale, per non dimenticare radici allargate.
si gusta il parallelo di sapori, alcol radicchio stracchino danzano veloci senza mai pestarsi i piedi.
il giornale rimane aperto sulla pagina del mondo.
si leggono morti, vite raminghe e poca coerenza.
un altro boccone di gusto scende in gola e nasconde notizie con una mano d'oblio.

20 settembre 2006

note

la goccia di pioggia sul parabrezza guarda all'interno dell'abitacolo.
si trova in alto, al riparo dai due bracci metallici che spazzano angoli ottusi.
vede un viso incantato, che guarda avanti con espressione assente.
cerca di capire i suoi pensieri.
attorno è grigio grigio, senza gradazione alcuna.
il viso muove la bocca. canticchia note stonate che la goccia non sente.
un'altra goccia cade di fianco alla prima e si fonde insieme formando una supergoccia.
il peso la fa scivolare verso il braccio metallico che la sfiora e la dilegua.

16 settembre 2006

pianista

il turismo impera, poco spazio al selvaggio.
la costa sud di bretagna scorre e si perde, un po' per stanchezza, molto per ambizione di procedere ancora.
si parla e si guarda.
immagini e parole si alternano ad essere le une il condimento delle altre.
musica varia è la colonna sonora.

ecco vita serale, dopo giorni di vacuo notturno.
nantes.
non troppo a dire il vero, la gente sembra dissolversi impaurita dopo l'ora di cena.
l'occhio cade su un'enoteca legnosa, cafè la provence.
l'oste gira la manopola dell'affettatrice rossa, con un gesto che aprirebbe cassaforti e caveau.
asciuga i bicchieri, pensando che sparare al pianista sia in fondo un peccato.
billie holiday rocheggia, leggendo i nomi dei vini dal tabellone rosso.
parla in realtà di strani frutti appesi ad alberi del sud, con sangue sulle foglie e sangue alle radici.

un bordeaux meditabondo.

percorrere con lentitudine la valle della loira, saltando indecisi tra rives gauche e droite.
a saumur di decide all'unisono di puntare al grappolo su sfondo viola.
è l'indicazione delle cantine, sperse tra i vigneti di colline disegnate con l'acquerello.
polvere di colore mescolata ad essenza di champigny.

un sommelier antipatico, parla inglese impastato di gallicismi, si ascolta pensando ad altro.
una donna ci porta in una sala elegante, ci fa sedere al tavolo, sorride senza fatica e versa annate vintage.
una vecchia scherza accompagnandoci tra le botti dentro la grotta troglodita, poi chiama il marito panciuto che sputacchia sentenze di genuina incomprensibilità.
un uomo dal viso disteso ci accoglie al suo tavolo. sta parlando con due vecchi amici, ma ci tratta alla stessa stregua mentre controlla la trasparenza del bicchiere.
sembra conoscerci da tempo, non rallenta la voce e ci comprende mentre emettiamo ebbre parole a volume un po' più alto del solito.

paris, deja vu. la 'u' è atteggiata con la bocca baciante che hanno le donne quando si dipingono gli occhi.
dodici anni sono passati dall'ultima volta. eppure tutto è rimasto lì, aspettando che ripetessi il mantra 'città più bella del mondo' dal centro del notturno pont neuf.
il sole brucia in viso, seduti sulla sedia di metallo ai bordi della fontana nel jardin des tuileries.
in rue bonaparte passano automobili sempre più ricche, mentre divoro il croissant dal burro oleoso.
l'erba è verdissima e in discesa sotto il sacro cuore, mentre a pigalle insegne tornasole di impudicizia e lussuria remano ormai stanche sulla corrente della notorietà.
belleville è un condominio amico per ebrei, arabi, cinesi, turchi, africani che guardano con interesse cianfrusaglie francesi lungo i bordi del marciapiedi.
chiedo una birra, che mi viene rifiutata dal sorriso maghrebino del cameriere. pas d'alcool ici. mi scuso e vado al bar di fianco, sempre islamico, anche se mediniano in misura minore.
odore di tè con la menta e di cardamomo sul caffè. uomini in riga parlano tra loro, bruciati dalle sigarette e da turca serenità.

la brasserie tunisina è porto di riposo, pavimento sporco, pareti colorate.
si ordina cus cus, ma hanno terminato le beuf. le poulet va benissimo, rispondo all'omino che scribacchia la comanda.


si riparte col sole verso l'aeroporto lontano.
strade perfette e colline dipinte, verde acceso da piogge frequenti.
la francia saluta, au revoir.
arrivederci, le rispondo convinto, mentre il boeing vira a levante in faccia al ritorno che gradito non è.

12 settembre 2006

boulangerie

riguardo l'itinerario nel taccuino.
è difficile prendere sonno.
sono ancora immagini in successione, piccoli frammenti di film che scorrono a salti tra macchie nere, come una pellicola vecchia e mal conservata.

parcheggio del discount lungo la n15 tra rouen e fecamp.
la lattina cade dalla mano ed esplode per terra.
la birra esce emettendo spruzzi di gioia.
dirigo il getto verso il tombino e la lascio esaurire lì.
si riparte sgommando.

honfleur, bar l'albatros.
l'associo al titolo di un brano dei lounge lizard: it could have been very very beautiful
magari durante una sera d'inverno, durante la settimana, con la tempesta e la tela cerata.
è sabato, turisti prolificano, rompono il silenzio, muovono l'aria come pendoli.

trouville, bar l'inattendu.
mi piace il nome. se avessi un bar lo chiamerei così.
proibirei di bere succhi di frutta e di mangiare moules frites.
farei le colazioni. caffè nero.
metterei i croissant sul bancone, comprandoli alla boulangerie il mattino presto.
occhi azzurri di panettiera normanna. voce. accento. finali in acuto sospiro.
nulla di meglio del piacevole inatteso.

cimitero dello sbarco. croci bianche in ortogonale simmetria.
periti per la libertà.
a tutti i morti danno il diploma di perito e la laurea di brava persona.


la marea bretone riempie spiagge infinite.
cavallo segue cane, sull'orizzonte del tramonto.
riflesso di luce su sabbia e acqua sottile.
tappo, bottiglia, vino.

binic, uomo killer beve il caffè.
deve essere l'ultimo di una lunga teoria.
ha l'occhio nervoso, consuma sigarette da un pacchetto gigante.
è il pacchetto dei cecchini, che attendono l'obiettivo generando ombre di fumo.

vecchia bretone.
senza cappello di carta di riso né canna di bambù.
con lentezza gestisce una crêperie lungo la strada.
casa in pietra, veranda sul retro. una piccola fontana con foggia di cascata.
è rugosissima, potrebbe avere cent'anni. si muove con relativa agilità, ma il tempo si allunga in elastica relatività.
versa il sidro demi-brut, con leggero tremore, cinguettando 'et voilà' alla fine del gesto.

pointe du raz.
pensando pensieri a cui mai si aveva pensato si resta seduti rivolti ad occidente.
il faro illumina il sole che spegne la luce.

[continua]