11 maggio 2009

molino

un vecchio senza bastone cammina aggrappato ad una donna robusta dai capelli color cuoio.
è sole, tepore, tarda mattinata, domenica.
indossa un maglione giallo sgargiante, una camicia a righe larghe blu e bianche. porta pantaloni grigi di due taglie più grandi.


un giovane di mezza statura e con la barba sta seduto ad una panchina e legge un breve romanzo di vita vissuta.
li sente arrivare. sa che c’è un’altra panchina dietro di lui, leggermente in ombra.
sente le loro voci avvicinarsi.
“ci sediamo lì, così ti riposi un po’.” la donna ha un forte accento dell’est.
“sei contento che oggi sia bello?”
è brava di congiuntivo, pensa il giovane osservando un gruppo di bambini che gioca a strega-comanda-color sul prato di fronte.

“sì, è bello. però è venuta tanta pioggia quest’anno.”

“sì, ma oggi godiamo il sole. poi torniamo a casa così ti riposi.” molti silenzi di ragionamento e di costruzione tra una frase e l’altra.
“hai sentito la mirella? tuo fratello diventerà nonno, sei contento?”

silenzio. poi una voce sottile di risposta.

“sono vecchi, i nonni.”


passano i minuti. il giovane di mezza statura e con la barba li sente alzare. lei lo prende sottobraccio e lo trascina per i primi metri. poi lui riprende il passo. ha i piedi piccoli. si ferma in mezzo al vialetto e, guardando l’erba di lato, sussurra:

“avevo un molino. quando dosavo un chilo di farina, all’inizio ne prendevo tanta, senza pensarci. poi però, gli ultimi grammi li misuravo per bene, con la punta della sessola. andavo preciso, attento. lento.”

lei gli posa una mano sulla spalla incurvata.
“bene, dai. ora però andiamo, che è tardi.”
e si incamminano.
precisi, attenti. lenti.