12 febbraio 2009

pianola

le nuvole sono bianche e senza spigoli.
la luce è debole ma diffusa.
il treno trotterella sul suo cammino di ferro.
un suonatore ambulante suona una melodia nota ma senza nome.

rallentiamo ad una stazione.
si aprono le porte. si chiudono le porte.
una ragazza alta, mulatta e seria cammina in direzione contraria verso le scale.

escono le basi dall'amplificatore portatile.
le dita dell'uomo saltellano sulla pianola a fiato.
finisce e sorride.
passa col cappello verde a raccogliere spiccioli tra le poltrone.
tintinnano monete, frusciano due banconote solitarie.

leggo un giornale.
scorro le parole ma non le comprendo.
sono solo grafemi di petrolio su carta odorosa.
mi sono incastrato nel parlare tra me e me.
penso a cose che non c'entrano.
faccio entrare cose a cui non penso.

la via lattea si muove nel vuoto a seicento chilometri al secondo.
tra tre milioni di anni si scontrerà con la galassia di andromeda.
mi dico che è una vita che devo pettinarmi.
mi dico anche che troppo spesso mi sento ripetere di "non preoccuparmi, è umano".

ho visto un uomo uscire dal bar della stazione lasciando il resto sul piattino, di fianco alla cassa.
una mancia in nome della cronaca d'arte di un giorno qualunque e per questo speciale.
aveva fatto leggere alla cameriera tatuata l'incipit di un romanzo appena acquistato.
lei si era segnata il titolo. poi era tornata a tagliare fette di limone su un tagliere di plastica bianca.

il treno passa sotto un cavalcavia.
un vecchio in bicicletta è appoggiato alla rete di protezione e guarda il treno passare.
càpita spesso, in genere al tramonto.

sono giunto a destinazione. scatto di fuori.
vedo finestrini ripartire sferragliando.
tira aria. alzo il bavero, cerco l'uscita.

francese, sesso e caffè.
trinomio evocativo.
bel titolo per un romanzo.
manca un corpo, manca una storia.
manca del fumo, manca un bicchiere.
è solo un cappello.
poi sotto ci può stare di tutto.