03 marzo 2008

ovale

un palloncino rosa, di plastica gonfia e leggera, rimbalza sul davanzale di una finestra.
due saltelli, un rinterzo sulla maniglia, uno spigolo del termosifone, ed eccolo volare fuori.
il vento è teso e l'aria è tersa. il sole scalda le poche ombre rimaste al freddo di un inverno che singhiozza gli ultimi spasimi d'orgoglio.
passa un'automobile scura e penosamente squadrata sul retro. il volto aggrottato del guidatore solitario è dipinto dietro al parabrezza.
alla vista dell'ovale rosa che attraversa la strada sulle strisce pedonali poco prima della rotonda, il viso del suddetto autista muta in un'espressione interrogativa.
che ci fa un palloncino rosa per strada? è l'ora del pranzo, del panino veloce, della scorsa al giornale locale, del caffè col cioccolatino imperfettamente sferico... che ci azzecca, insomma, un esule di festa in quello scenario di monotòna e irreversibile continuità quotidiana?
questi ed altri dilemmi sono durati pochi secondi nella testa un po' stordita del pilota d'auto proletaria.

per ottenere l'oblio, è bastato l'arrivo al bar dal parcheggio immediato, la vista del solito professore in pensione che parla di gol funambolici e di decisioni arbitrali interamente orchestrate da poteri occulti e transgovernativi, le due ragazze che si confidano segreti amorosi e tradimenti tanto epici quanto inverosimili, la barista dalla voce stridula e l'accento insopportabile che ripete con tono aberrante l'ultima parola di ogni ordinazione ricevuta, il ticchettio continuo dei tasti del videopoker, del quale il giocatore assiduo osserva lo schermo con sguardo invasato, languido di aperitivi colorati in arancione.

il palloncino rosa, nel frattempo, ha continuato il suo percorso rimbalzante. dal marciapiede alla rotonda, si è per pochi minuti incastrato tra i rami di un albero basso e spoglio. poi il vento lo ha liberato di nuovo.
una donna in bicicletta lo colpisce con la ruota anteriore, maledicendo e associando al divino curiosi zoomorfismi, come è d'uso in quei luoghi in presenza di una più o meno marcata deviazione dallo scorrere naturale degli eventi.
senza bucarlo, lo ha rimesso in gioco, e, utilizzando una terminologia cara al di cui sopra professore in pensione, ha involontariamente servito un cross a centro carreggiata. l'auto scura e inguardabile, di ritorno dal bar, non ha potuto fare altro che finalizzare il gol, in maniera goffa da mediano di interdizione, colpendo il palloncino col fanale di destra.
l'impatto è stato fatale.
brandelli rosa sono svolazzati, stocastici, per pochi decimi di secondo.
sono poi ricaduti sull'asfalto, disordinati come universi paralleli ed indipendenti.

l'universo parallelo ed indipendente di un suonatore di strada, che bacchetta con ritmo il vibrafono nella gelida notte della capitale del nord. nessun piano, nessun progetto. solo piccole correzioni di rotta ogni tanto, quanto basta per evitare la deriva.
per il resto, rimangono melodia e note intonate, alla faccia dell'indifferenza di chi passa senza nemmeno donargli gli spiccioli.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Quanto basta per evitare la deriva.
Ma quanto basta?

martedì 4 marzo 2008 alle ore 11:49:00 CET  
Blogger Paolo said...

beh, basta quanto basta per non uscire troppo di rotta.
insomma, una spintarella, un colpo di remo, un timone ben direzionato...
...
insomma, non ne ho la più pallida idea. ma il tipo di oslo sembrava avesse le idee ben chiare.
dovrei parlarci di nuovo...

martedì 4 marzo 2008 alle ore 16:03:00 CET  

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