telaio
un uomo di media statura e con la barba siede in mezzo alle rotaie del tram.
aspetta.
aspetta che gli venga voglia di alzarsi.
è mattino presto, la prima corsa partirà tra poco.
guarda a sinistra, da dove il punto arancione diventerà sempre più grande.
guarda a destra, verso dove il punto arancione diventerà sempre più piccolo.
non sa decidere.
di fronte, un bar è già aperto.
vuoto di clienti. è troppo presto.
il barista sta bevendo il primo caffè della giornata e lo sta osservando.
è dietro la vetrina, con i riflessi gialli dell'alba lenta.
da sinistra si sente sferragliare. eccolo.
lui rimane seduto, guardando il cielo.
in quel momento sta pensando ad un viso di donna.
è un bel pensiero. niente abbandoni, o tradimenti, o rifiuti.
anzi.
tuttavia rimane seduto.
il viso di donna è lì, lo guarda con sorriso sincero, leggermente di profilo.
un ricordo, una fotografia scattata poco tempo prima.
il sole troppo alto ha sovraesposto uno zigomo, rendendo poco leggibile l'incarnato.
dettagli.
il palazzo di fronte non gli è nuovo. si ricorda di quella finestra.
torna al passato, a quando era bambino.
una finestra scorrevole. telaio nero, moderno per i primi anni ottanta.
da quella finestra vedeva la strada e il parco di fronte.
c'erano persone che camminavano e automobili che andavano avanti e indietro.
c'erano biciclette semplici, e motorini con la sella lunga e larga.
erano anni di cielo azzurro e stagioni definite.
da quella finestra si era affacciato centinaia di volte.
annoiato in attesa di un ritorno a casa, di una cena che tardava, di persone che mancavano e che sarebbero apparse presto dentro un'alfaromeo scura lì in fondo.
da quella finestra veniva chiamato per mangiare, mentre era nel mezzo della partita di pallone, assieme agli altri.
era sempre tardi o freddo o buio o qualsiasi cosa fosse male per gli adulti e indifferenza per i bambini.
ora è grande. non gioca più.
ma è ancora in attesa. distingue chiaramente il barista, adesso.
è uscito e sta correndo velocemente verso di lui. gli sta urlando qualcosa a proposito di spostarsi, di schiacciamento, di frenare, di aiuto.
si volta verso sinistra, attratto da un fischio di attrito tra parti metalliche.
scintille di freni e di elettricità appesa ad un filo.
il muso del tram è ora fermo a pochi centimetri dalla sua spalla.
si sta raccogliendo una piccola folla. sente due mani che lo sollevano da terra e lo tengono in piedi. sente voci.
nessuno descrive, tutti domandano o esclamano.
lui invece avrebbe voglia di descrivere a loro quel viso di donna.
e quel senso di sconforto che gli prendeva quando veniva interrotto mentre giocava.
aspetta.
aspetta che gli venga voglia di alzarsi.
è mattino presto, la prima corsa partirà tra poco.
guarda a sinistra, da dove il punto arancione diventerà sempre più grande.
guarda a destra, verso dove il punto arancione diventerà sempre più piccolo.
non sa decidere.
di fronte, un bar è già aperto.
vuoto di clienti. è troppo presto.
il barista sta bevendo il primo caffè della giornata e lo sta osservando.
è dietro la vetrina, con i riflessi gialli dell'alba lenta.
da sinistra si sente sferragliare. eccolo.
lui rimane seduto, guardando il cielo.
in quel momento sta pensando ad un viso di donna.
è un bel pensiero. niente abbandoni, o tradimenti, o rifiuti.
anzi.
tuttavia rimane seduto.
il viso di donna è lì, lo guarda con sorriso sincero, leggermente di profilo.
un ricordo, una fotografia scattata poco tempo prima.
il sole troppo alto ha sovraesposto uno zigomo, rendendo poco leggibile l'incarnato.
dettagli.
il palazzo di fronte non gli è nuovo. si ricorda di quella finestra.
torna al passato, a quando era bambino.
una finestra scorrevole. telaio nero, moderno per i primi anni ottanta.
da quella finestra vedeva la strada e il parco di fronte.
c'erano persone che camminavano e automobili che andavano avanti e indietro.
c'erano biciclette semplici, e motorini con la sella lunga e larga.
erano anni di cielo azzurro e stagioni definite.
da quella finestra si era affacciato centinaia di volte.
annoiato in attesa di un ritorno a casa, di una cena che tardava, di persone che mancavano e che sarebbero apparse presto dentro un'alfaromeo scura lì in fondo.
da quella finestra veniva chiamato per mangiare, mentre era nel mezzo della partita di pallone, assieme agli altri.
era sempre tardi o freddo o buio o qualsiasi cosa fosse male per gli adulti e indifferenza per i bambini.
ora è grande. non gioca più.
ma è ancora in attesa. distingue chiaramente il barista, adesso.
è uscito e sta correndo velocemente verso di lui. gli sta urlando qualcosa a proposito di spostarsi, di schiacciamento, di frenare, di aiuto.
si volta verso sinistra, attratto da un fischio di attrito tra parti metalliche.
scintille di freni e di elettricità appesa ad un filo.
il muso del tram è ora fermo a pochi centimetri dalla sua spalla.
si sta raccogliendo una piccola folla. sente due mani che lo sollevano da terra e lo tengono in piedi. sente voci.
nessuno descrive, tutti domandano o esclamano.
lui invece avrebbe voglia di descrivere a loro quel viso di donna.
e quel senso di sconforto che gli prendeva quando veniva interrotto mentre giocava.

16 Comments:
stoffa
bottone
Una pagina densa di dolore, di sofferenza, ma scritta con una penna agile, quasi spensierata: incredibile, se pensiamo al contesto; comprensibile, invece, se caliamo il tutto nel personaggio.
Complimenti!
Con la solita stima, accresciuta dall'ennesimo pezzo di bravura
A.
anathea: la tua stima è preziosa. grazie.
non so perché (in verità non so niente), ma mentre leggevo mi immaginavo benissimo la scena "girata" in viale fulvio testi. Peccato che sia durata così poco.
ciao
Scusa, aggiungo: splendide le foto spagnole!
la tua scrittura evoca sceneggiature cinematografiche. A parte Kaurismaki chi sono i tuoi registi preferiti?
grazie laura.
mah, non posso dire di avere registi preferiti.
ho un vecchio amore per truffaut, soprattutto per alcuni specifici film che mi hanno molto segnato.
per il resto, tendo a giudicare per singolo film.
comunque l'idea della sceneggiatura, cioè di scriverne una, ce l'ho in testa da un bel po' di tempo.
magari quando andrò in pensione...
Come in pensione?? mi sembri già pronto, direi! a presto.
Ciao,
colevo solo dirti che... è cominciato ottobre!
Tutto bene?
l. : allora per il primo film ti assumo come direttrice della fotografia!
elec: così pare, e ne sono contentissimo!
al solito...
...sono sempre bellissime le tue parole!
Ciao
Sono tornata su wordpress, mi trovo decisamente meglio lì. Spero che vorrai ancora seguirmi.
a presto, spero.
Occupato in questo periodo eh?
Mi chiedo come fosse quel viso di donna. Io avrei voluto sentirne la descrizione. Io sì, l'avrei voluto davvero.
Un abbraccio
Paolo, leggo solo ora... ma questo è veramente bellissimo.
Vorrei avere la tua penna.
Io penso davvero che tu potresti scrivere sceneggiature.
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