10 luglio 2007

altezzosa

poche linee che si incrociano, lampi di vetro ellittico che fanno penetrare nuvole gonfie e lacci di luce.
la perfezione si fa strada, avanza con andatura altezzosa, aggrotta il cipiglio come un vecchio professore che non accetta spiegazioni.
la pioggia cade sbattuta dal vento, il monte là dietro è offuscato dal grigio, cristàllino opacizzato da cataratta di tuoni.
sinestesie.
commistione disordinata di sensi diversi, mescita di odore e tatto, di vista e sapore, di suono e vento. gocce che si sciolgono assieme nello spazio concavo della medesima coppa.
triclinio, convivium, danze, ozio.

una musica di notte. è nota, è vecchia, scava nella mappa sgualcita dei ricordi.
le linee di vetro e acciaio sono ora stille di acqua che il tergicristallo spazza con isocrona precisione.
buio, luci fluorescenti di villaggi lasciati a riposare.
si canticchia, si ripetono parole in lingua straniera.
si sbagliano versi, accavallando i significati, ripetendo strofe già dette nella fuga della melodia.
applausi di una platea lontana, mentre il pianoforte sta già mescolando nuove note, scegliendo tra le dodici presenti nell'ottava.
le ottave stesse salgono e scendono, aiutate dalla voce roca e sicura di chi è abituato a gridare di notte canzoni d'amore e di vita.

un uomo di media statura si avvicina alla porta d'ingresso.
prova ad aprirla, ma il pomello non gira, serve la chiave.
si mette le mani in tasca e trova due chiavi, una piccola e una grande.
prova ad infilare la chiave grande nella serratura, ma evidentemente non è quella giusta.
allora, si mette d'impegno con la chiave piccola.
dopo pochi vani tentativi, si accorge che nemmeno questa volta riesce nel suo intento.
anzi, la chiave piccola rimane incastrata, con la testa leggermente piegata.

si guarda le dita. pollice ed indice mostrano sottili righe rosse, che stanno già lentamente scomparendo.