07 maggio 2009

rotondo

il cielo è opaco ma brillante di luce pomeridiana.
la discesa è intensa al di là del cancello chiuso.
premo un pulsante, attendo risposta.
silenzio.
mi guardo attorno e vedo ulivi e alberi da frutto.
non so che frutti siano, non me ne intendo.
l'auto è messa di sbieco sul tornante, il motore ronza al minimo

vedo un numero di telefono fisso. lo compongo, lo chiamo, sento libero.
mi risponde ancora il silenzio. nessuno si occupa di me.
poi un numero di telefono mobile. lo compongo, lo chiamo, sento libero.
una voce mi dice buonasera, personalizzato, con stile e voce suadente.
chiedo informazioni, dico che voglio fermarmi per mangiare e per dormire.
sento disponibilità, prezzi. mi si domanda se sono intollerante a qualche cibo.
mi sento accolto, coccolato, ben voluto.
quasi atteso.

una vecchia con forte accento toscano e la voce da ex fumatrice di trinciato essiccato, marcito all'umido di un clima infausto, mi accoglie con passi corti ma decisi.
mi porge chiavi, mi conduce in camere al di là della sala, che chiama con nomi di fiori.
c'è il tulipano, l'orchidea e altri fiori che non so ripetere.
scelgo la mia in funzione del letto grande e della finestra di fronte che dà sulla valle.
fuori ci sono montagne. iniziano le alpi.
ma-con-gran-pena-le-reti-cala-giù. ricordi elementari.
quelle che vedo credo siano le "ma".
è un avversativo, quasi un avvertimento che fatico a decifrare.

torno dalla vecchia, dentro la grande sala con tavoli apparecchiati a metà.
mi offre da bere vino bianco acidulo. esco in terrazza e mi siedo sulla sedia di ferro, rigidamente altalenante nelle sue gambe imperfette.
mi dice pure che la figlia, la scinzia, sarebbe arrivata da lì a poco.

il tempo di riempire due volte il bicchiere è sufficiente per trovarmi di fronte la scinzia.
la sua voce suadente, quasi radiofonica, mi accoglie con un misterioso "sono sicura di averla già incontrata in un'altra vita".
io rimango possibilista.

poi incalza.
"cosa l'ha portata qui da noi?"
"il caso", rispondo, "un'indicazione seguita e un'altra ignorata"
lei guardandomi con occhi incisivi mormora: "giù a paese dicono che il caso non esiste".

giù a paese.

sono l'unico ospite. il menu mi viene proposto senza scelte, già deciso a priori.
ci sono i ravioli di sua madre e il coniglio fatto all'etrusca, ricetta segretissima che immagino scritta con andamento bustrofedico su pergamene nascoste in grotte di tufo.
mi porta dell'olio dentro ad una tazzina di caffè. me lo descrive come "il migliore, finora". è quello di febbraio, più rotondo rispetto a dicembre.
ragiono su come la rotondità attribuita all'olio accentui il senso di scivolamento su piano inclinato.

mi versa vino ligure, di color rosso indeciso, quasi un affronto alla cardarelliana grande luce che si va sfacendo e muore.
tuttavia si fa gustare, nasconde profumi che il cromatismo imperfetto non lasciava trapelare.
mi parla della sua vita. mi chiede della mia.
uno scambio di vite tra sconosciuti, limitando eventi importanti e ingrandendo dettagli quasi scordati.

saluti veloci, stanchezza consapevole di chi sa che l'ora di sveglia è poco distante da quella del sole.
due passi avanti e uno di lato. il pastore tedesco, vecchio e spettinato, alza gli occhi e scuote la testa.
la chiave gira due volte, odore di legno e di pulito.
schiena su morbido, lenzuola rigide che odorano di cambio frequente.

gli occhi si perdono nel buio dei pensieri e dei ricordi.
assieme agli occhi, ecco che tutto il corpo si immerge nel passato, traslando nell'altrove e nel gradito.
arriva l'immagine di due donne e un uomo seduti ad un tavolo di un ristorante molto distante.
una parla di televisione francese vista via satellite. poi accenna all'antennista della parabola morto perché caduto da un tetto troppo scivoloso quando piove.
eventi disgraziati presenti e lontani come il rumore del vento quando si dorme al caldo delle piume d'oca.
o come la pioggia quando la destinazione è altrove.
vite sprecate come l'amore mal riposto, che si perde nelle onde del tacito soffrire.

1 Comments:

Anonymous Cecilia said...

trovo questo brano uno dei pezzi migliori che tu abbia mai scritto: bello, vero, intenso, disincantato con romanticismo, puro e impuro, esaustivo ed estemporaneo, luminoso ed ombroso. Bravo.
(non il pezzo, tu)

venerdì 8 maggio 2009 alle ore 12:04:00 CEST  

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