09 gennaio 2010

spiccioli

quant’è? cinquemila. troppo. troppo per te, ho la coda fuori dalla porta per quella cifra. non ci credo, ti offro duemila, ce li ho in tasca. non so cosa farmene dei tuoi duemila. ti devi accontentare, c’è crisi. no, tu sei in crisi, visto che hai solo duemila in tasca. senti, a me quel coso serve, ma non sono disposto a spendere cinquemila, è un prezzo fuori mercato. bello, sono io che faccio il mercato qui, se ti dico cinquemila significa che li vale. è il tuo ultimo prezzo? cinquemila? . bene, allora addio. addio.

sapevo che saresti tornato. ti offro quattromila. mica hai trovato da meno, in giro, eh? sì, ho trovato da meno, ma so che se dovessi avere problemi so come trovarti. eh, vedi, la garanzia e l’assistenza hanno un costo. appunto, ti offro quattromila sull’unghia. e io te ne chiedo cinquemila. dai, sono tornato da te apposta per chiudere la faccenda. ma la chiudiamo in fretta, basta che scuci cinque bei pezzi da mille e ci salutiamo. ascolta, io non ho cinquemila, arrivo a quattromila rinunciando ad un sacco di cose, tra cui il weekend romantico che avevo promesso a mia moglie. oh, poverino, dovrei commuovermi? non mi servono le tue lacrime, mi serve il tuo ok per quattromila e ci stringiamo la mano. amico? sì. quella è la porta, io non ho niente di cui parlarti a queste condizioni. sono sicuro che ci ripenserai. non ci ripenserò. vedremo.

come è andato il giro romantico? bastardo. è sempre un piacere incontrarti. senti, ti propongo un accordo. e perché dovrei ascoltarti? perché tu devi vendere, non puoi tenertelo lì a marcire. chi ti dice che non l’abbia già venduto? se l’hai fatto ti uccido. corro il rischio. l’hai venduto? diciamo che potrei essere in procinto di sbarazzarmene ad un prezzo più che ragionevole. cioè? settemila. prendi questa busta, ci sono cinquemila lì dentro, còntali, dammi l’arnese e poi non ti voglio più vedere. non hai capito che ora il suo prezzo è settemila? non bluffare, volevi cinquemila e ce li hai, ora basta. non sto bluffando, se rinuncio ai tuoi cinquemila adesso, tra un’ora ne posso avere settemila

[colpo di pistola, fumo, odore di bruciato, corpo che cade all’indietro, rumore sordo, sedia che si spezza]

[rimette in tasca la busta, corre all’armadio dietro al corpo ormai esanime, apre l’anta. non c’è niente. solo un biglietto: “mi hai ucciso per niente, l’avevo già venduto a diecimila il giorno prima che tu venissi da me la prima volta”]

[si siede, incredulo. prende il telefono, compone il numero veloce associato al tasto 2]

amore? sì, ciao, sono io. tra venti minuti sono a casa… sì, prepara pure… no, stiamo leggeri oggi a pranzo… sì, sto bene, è che non mi va di mangiare, mi hai detto che sto ingrassando e questa cosa me la sono segnata… sì, ti amo anche io… sì, raccontami, cosa ti è successo al supermercato?… ma sei sicura di non aver messo le monete in tasca senza accorgertene?… è difficile che la cassiera ti freghi con il resto, ma non si sa mai. comunque, non devi preoccuparti, sono solo spiccioli.

scattoso