29 agosto 2007

nylon

ieri.

c'è odore di mare, al mercato, in pieno giorno.
è un mercato racchiuso da mura e da un tetto di vetro, che lascia passare i raggi di sole e li moltiplica creando una doccia di colori e di sfumature.
i prezzi sono infilati nelle viscere dei branzini o nella sezione di spina dorsale del tonno. sono cartellini che danno il valore, un tanto al chilo, alla morte.
alla faccia di chi dice che da morti siamo tutti uguali.

i gamberi e gli scampi guardano all'insù, a destra, a sinistra. senza occhi, o con puntini neri che sembrano schegge di grafite.
un uomo alto e grosso scambia uno sguardo d'intesa con un gruppo di scampi.
poi si rivolge ai merluzzi e alle orate. si abbassa, li sfiora con tre dita, chiude gli occhi come per sentire qualcosa da lontano.
chiede, ascolta, vede accartocciare, riceve borse di nylon azzurre e bianche, paga.
le banconote e le monete di resto sono sporche di sangue e di acqua salata.

due giorni fa.

un uomo alto e grosso è seduto al suo posto di lavoro.
sente bussare al vetro del finestrino. è tardi, l'ultimo volo era arrivato da più di un'ora. ormai tutti i passeggeri erano già andati via. ne aveva trasportati quattro, una coppia con un bambino urlante e una bambina triste, fino al parcheggio delle auto a noleggio.
poi più nessuno. stava per pensare di riportare il furgone al garage e di andarsene a casa.
ma i colpi sul finestrino gli fanno cambiare piano.

sì, sono ancora in servizio, le risponde.
bene, dice lei girandosi e caricando una pesante valigia gialla.
stavo per andarmene, non credevo ci fossero ancora passeggeri, dice lui.
e invece ci sono io, risponde lei, sendendosi e asciugandosi il sudore dalle tempie con un fazzoletto.

ieri.

l'uomo alto e grosso percorre velocemente i vicoli della città calda, fino al mare.
arriva sotto un palazzo ammuffito e apre il portone d'ingresso.
entra in ascensore assieme ad una donna anziana dai capelli azzurri.
l'uomo confronta il colore dei capelli con quello di una delle due borse di nylon che tiene in mano.
sorride.
entra nel suo appartamento, va direttamente in cucina. si lava le mani e inizia a svuotare le borse.
gli inquilini del mare scivolano sul tavolo di fòrmica, senza opporre resistenza.

due giorni fa.

'grazie per avermi aspettata, non so come avrei fatto senza di lei.'
'il mondo gira lo stesso senza che io intervenga direttamente.'
'è stato gentile.'
'sì, sono stato gentile. anche perché sono stanco, e avrei voluto andare a dormire.'
'ha ragione. vive lontano dal mio albergo?'
'sì, dall'altra parte della città, poco lontano dal porto.'
'mi spiace.'
'si figuri. mi piace guidare per un tratto di strada più lungo dei soliti due chilometri e seicento metri, cioè la distanza dal terminal arrivi e il parcheggio dei noleggi.'
'è veramente incredibile. non avere automobili a disposizione, nonostante la prenotazione.'
'càpita, è già successo.'
'a me non era mai successo prima.'
'viaggia molto?'
'abbastanza da non permettermi una famiglia. lei è sposato?'
'sì. cioè no, lo ero.'
'divorziato?'
'vedovo.'
'mi spiace.'
'vive da solo?'
'sì, da solo.'
'mi scusi se le faccio tutte queste domande. forse sono stanca anche io e non ragiono prima di aprire bocca.'
'non si preoccupi, lei mi sta simpatica. e mi sta simpatica pure la sua valigia.'
'la mia valigia?'
'sì, per il colore.'
'le piace il giallo?'
'sì, mi piace il giallo. perché è il colore del limone, e a me il limone piace molto. soprattutto spremuto sul pesce. pesce e limone, che coppia.'
'in realtà l'ho presa gialla perché così si riconosce prima sul nastro dei bagagli.'
'io l'avrei presa gialla perché è un bel colore.'

ieri.

nell'appartamento tutte le finestre sono aperte.
entra sole, brezza marina, ed esce odore di pesce in cottura.
il tavolo di fòrmica è coperto da una tovaglia bianca, pulita.
piatti, bicchieri e posate sono al loro posto.
in mezzo al tavolo ci sono due bottiglie, senza etichetta. vino bianco e spremuta di limone.
di fronte alle bottiglie c'è un piatto con tre limoni aperti a metà.

suona il campanello.
l'uomo alto e grosso va ad aprire il portone e si mette in ascolto sul pianerottolo.
l'ascensore sta salendo. si ferma. si apre la porta.
esce una donna dai capelli corvini. è la prima volta che nota il colore dei suoi capelli.
le sorride. gli sorride.
lei sta trasportando una piccola valigia gialla, con le ruote.

due giorni fa.

l'auto si ferma, con un lieve sobbalzo.
l'uomo alto e grosso e la donna si salutano dandosi la mano.
un giovane di mezza statura e con la barba prende il valigione giallo e lo porta dietro la porta girevole dell'hotel.
l'uomo è chinato sul cofano e sta scrivendo qualcosa su una pagina di quaderno. che porge alla donna prima di darle nuovamente la mano.

ieri.

'grazie per essere venuta. vedo che le indicazioni che le ho scritto si sono rivelate facili da seguire.'
'sì, sì. e poi non potevo non accettare. mi incuriosiva provare la sua cucina a base di pesce. non è banale trovare un uomo a cui piaccia cucinare. il pesce, poi.'
'non è difficile, una volta imparato. forse l'altra sera in auto le ho parlato troppo, delle mie ricette. comunque mi fa piacere. '
'anche a me.'
'come mai gira con quella piccola valigia gialla?'
'è un regalo per lei.'
'davvero?'
'sì. così potrà vedere un bel colore sul nastro dei bagagli.'
'ma io non viaggio.'
'può iniziare a farlo ora, visto che ha la valigia nuova.'
'sì. lo farò. anche se non so dove andare.'
'è mai stato in asia? o in africa?'
'no.'
'allora vada in asia. vada a samarcanda.'
'dov'è samarcanda?'
'in asia. sperduta.'
'e perché dovrei andare lì?'
'perché non c'è pesce.'
'non c'è pesce?'
'non credo.'
'e cosa ci vado a fare io in un posto dove non c'è pesce?'
'lo sa che ogni tanto cambiare fa bene?'
'sì.'
'da quanto tempo guida la navetta dei noleggi all'aeroporto?'
'da dodici anni.'
'durante le ferie cosa fa?'
'compro pesce e lo cucino.'
'invita ospiti?'
'no, in genere no. comunque grazie della valigia. si accomodi, gradisce del vino? della limonata?'

oggi.

l'autista della navetta che porta al parcheggio dei noleggi esce dal furgone.
è alto e grosso. sbadiglia. saluta un operatore della sala arrivi, osserva due piloti che camminano svelti.
un uomo elegante si avvicina al furgone. parla con l'autista, che annuisce, e risale al posto di guida, rimettendo in moto.
il furgone riparte con solo un passeggero.

a qualche migliaio di chilometri di distanza, una donna dai capelli corvini è alla guida di un'auto a noleggio di media cilindrata.
l'autostrada è dritta e i limiti di velocità sono giusti.
sta ascoltando la radio in una lingua che non conosce, mentre pensa a cosa dirà durante l'incontro di lavoro che avverrà entro un paio d'ore.

probabilmente punterà sull'improvvisazione, e racconterà una storia.
una storia talmente inconcludente e piena di particolari inutili, da sembrare vita vissuta.

il verosimile è il peggior nemico di chi cerca la verità.

22 agosto 2007

snocciolato

mastica un dattero già snocciolato, sul ciglio della strada.
aspetta.
è caldo, è polvere. qualche folata di vento. poi di nuovo caldo in testa, sulle braccia, sulle gote.
non ha orologio, ma non deve mancare molto a mezzogiorno, ora dell'appuntamento.
a destra vede un'auto avvicinarsi in lontananza. a sinistra non arriva nessuno.
attorno c'è deserto. girasoli bruciati. paglia accatastata in grossi parallelepipedi. campi gialli e marroni.
non c'è erba.
dall'altra parte della strada, un bar-ristorante è chiuso.
l'unica attività commerciale presente è un distributore di benzina, a qualche centinaio di metri. è lì che aveva comprato i datteri snocciolati.

entra in auto. saluta la ragazza al volante. che lo ignora e riparte, alzando il volume della radio. la chitarra poderosa di vincente amigo riempie gli spazi e toglie il respiro.
le guarda le ginocchia, e le gambe sottili e muscolose.
si massaggia il collo, dolorante dall'ultima esibizione. se l'era vista brutta, il toro aveva ignorato totalmente il suo drappo rosso e si era avventato su di lui.
era riuscito a scavalcare con un salto la recinzione di legno ed era stato sfiorato dal naso insanguinato e caldo, che puzzava di odio.
aveva poi avuto la forza di rientrare e di ucciderlo con un colpo solo.
guardando il sangue zampillare a cascata proprio dal nasone nero e sbucciato,
gli si era avvicinato, con la tipica posa arcuata all'indietro e volgarmente provocante.
voleva fargli sentire per l'ultima volta il suo odore, mentre lo vedeva spegnersi e piegarsi sulle ginocchia. il respiro sbuffante ora odorava di morte.


il pubblico aveva apprezzato, drappo bianco da tutta l'arena. si era portato a casa le orecchie dell'animale ed era rimasto lì a guardarle per ore.
alla fine aveva deciso che si sarebbe ritirato.

dopo qualche chilometro lei mette la freccia e accosta in un'area di sosta.
lo guarda in faccia e inizia un monologo lungo, calmo e ritmato.
lui l'ascoltava con attenzione, guardandola negli occhi neri e sfidando il suo sguardo severo.
le parole erano giuste, adeguate. dentro di sè, lui sentiva il suo orgoglio consumarsi in strati sottili, come pellicole di pelle, bruciata dal sole eccessivo.

il loro rapporto era stato sempre un incrocio tra una corrida e un ballo. si avvicinavano e si allontanavano, a fasi alterne senza cadenza precisa, segnando punti di afelio e perielio su orbite irregolari e nervose.

ora si sarebbero staccati per sempre. lo spettacolo è finito, e questa volta non c'è nessuno che applaude o lancia rose di seta.

si salutano, con una stretta di mano e un cenno di sorriso.
lei riparte, lasciandolo alla stazione dei treni di un paese di provincia.

passano i mesi, e un uomo di media statura si trova a camminare velocemente per una strada stretta e piena di gente.
vede una giovane donna seduta sul gradino di un negozio chiuso.
estrae dalla tasca la macchina compatta e, senza farsi notare, la tiene bassa mentre le passa di fronte.
le scatta una foto velocemente, e prosegue, verso la piazza.

la riguarda, e pensa che lei potrebbe essere una ballerina di flamenco.
e che una ballerina di flamenco potrebbe essere l'amante perfetta di un torero coraggioso ma pentito.

ma, si sa, le acrobazie di immaginazione che suscita un viso sconosciuto sono seconde solamente a quelle provocate dalla vista di una barca solitaria lasciata scivolare lentamente nella notte senza luna, lungo le acque calde del guadalquivir.