19 agosto 2006

rena, ovvero immagine di un incidente

non si sa il perché, ma certamente il terrore aveva preso il sopravvento.
la serenata era finita, tutto si era spento con un alito di vento. quando la testa ruotava, i suoi occhi vedevano solo buio. pulsava la testa nel cercare di trovare ulteriori informazioni sulla realtà che aveva di fronte. non si poteva capire perché, ma tutto era buio, tutto sembrava la fine del mondo, tutto era enormemente cattivo.

modestamente la sera era assurda, modicamente il giorno era chiaro, astutamente il gatto era scivolato via.
non aveva nessun senso rimanere, capire cose nuove. consapevolezze rimaste a marcire in otri umidi e freddi. il catarro di un’influenza che non se ne vuole andare, il freddo di un inverno che si è saldamente installato nel mondo e pare essere a suo agio. formazioni di nuvole sopra il monte boscoso. Vento che tira rami di alberi, solleva foglie e terra leggera. temporale in arrivo senza pietà. È solo ora di andarsene, non ha più senso rimanere.

con una donna che lo prese sottobraccio, con pietà estrema. l’aveva seguita per anni, sempre negli stessi luoghi, noiosi, stretti e bagnati. fuori dal negozio dove lavorava, tra la cabina del telefono e la cassa continua della banca popolare. non aveva mai capito come funzionasse, una cassa continua.

la sua morte non lo aveva colpito più di tanto. era vecchia, arzilla e invadente. la sua presenza era una costante di newtoniana valenza. costanti di gravità, pesantezza dell’essere. relatività di tutto quanto non è passato e assorbito.

automobili costose finite sotto un autocarro, sfracellate in tutto il loro valore addosso a ferro più duro. vetri esplosi e ritornati rena. sistemi di sicurezza sfiniti dal lavoro.

residui di umanità in un cuore trafitto.

2 Comments:

Blogger tittielameraviglia said...

E' sottile il confine tra autobiografia e fantasia nei post,ma nei tuoi fatico a scovarlo e questo è pregevole,ma rende più arduo immaginare di che vita sei.Spandi le parole con parsimonia, il tuo lessico è ricco di suoni metallici quasi usassi i vocabili a preziosi bulloni e ausili per la magnifica creazione/macchina finale,non ho ancora deciso( se dovessi scegliere tra le due opzioni.)se dire che più mi emozioni o più mi spaventi.Se dovessi scommettere un caffè ,direi che hai una cultura scentifica,non umanistica(ma nel comporre non hai nulla da invidiare alla seconda anzi)se dovessi azzardare ti darei dell'ingegnere.Ma non azzardo.Avrei giurato che non credi agli alieni.. nemmeno io,però credo alle favole.

sabato 19 agosto 2006 alle ore 18:15:00 CEST  
Anonymous Anonimo said...

touché!

ma ti consiglio di non dare mai dell'ingegnere a nessuno... potresti trovare qualcuno che ne va fiero (in genere sono persone da non frequentare) e altri che lo nascondono come una macchia indelebile nel proprio passato e che si incazzano come vespe se vedono scritto ing davanti al proprio nome nelle buste da lettera.

stamattina ho aggiustato il freezer di casa. non ne vado fiero, ma mi sono reso utile.

in genere non lo sono.

domenica 20 agosto 2006 alle ore 09:51:00 CEST  

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