12 novembre 2006

leggero

ci sono arance sul tavolo e noci in una cesta di vimini, anch'essa sul tavolo, di fianco alle arance.
le arance non hanno contenitore, sono appoggiate lì, alla rinfusa.

la ragazza dietro il bancone ha il sorriso fresco e ingenuo di chi si sveglia presto al mattino, lavora nei campi bianchi di brina prima dell'alba, controlla gli animali e decide quando le olive sono da cogliere.
chiara è il suo nome, e chiara è l'espressione del suo viso. la voce è acuta, ma non fastidiosa, incerinerata in un costante accento locale che mette a proprio agio gli avventori frequenti.

le chiediamo il permesso di prendere una noce dal cesto, lei risponde che sono lì aposta, tralasciando la doppia 'p' che è solo motivo di complicazione nell'eloquio informale.
le noci sono scure nell'endocarpo resistente e schiette nel gheriglio gustoso, si accompagnano bene al vino bianco lievemente fruttato che ci viene versato fino all'orlo in bicchieri stretti e bassi.

fuori è buio d'autunno, dentro è festa lenta di chi non ha nulla da fare prima di cena.

chiara continua a mescere vino, bianco o nèro, pronunciato con la e aperta e strascicata dei padovani occidentali, già in sentore di palladiana prossimità.

è complicato discernere le singole parole degli inquilini dell'osteria.
tutto viene pronunciato come fiume in piena di dittonghi, le consonanti sono generalmente assenti, la tonalità delle voci, roche da fumo, si muove di poco attorno ad una nota bassa non facilmente identificabile. veloci scoppi di risa, soffocati da bestemmie frequenti utilizzate a chiosa o a conclusione di un discorso, si alternano a duri colpi di tosse, che necessitano di un sorso per rinfrancare la gola.


un uomo ci guarda e commenta sottovoce la nostra presenza al vicino di tavolo.
basta poco perché anche lui diventi parte della nostra esperienza, benedetta da un altro giro di vino.
severino è il suo nome, non poteva di certo chiamarsi francesco o luigi. veste una tuta da ginnastica pulita e ha gli occhi vispi di chi ha un sacco da dire.

inizia commentando il sapore del nèro, prima dissociando i singoli sapori poi riprendendo l'ensemble alla stregua di cànone jazz.
ci invita di nuovo lì per la fine della prossima settimana, quando sarà filtrato il cabernet.
'sono vigne giovani, hanno al massimo quattro anni', ci spiega con l'atteggiamento di un professore che ama la sua materia. chiara lo corregge dicendogli che l'appuntamento è non prima di un mese. lui emette una risata chissenefrega, l'importante è che il vino non manchi.

passa a filosofeggiare di mondo, dell'importanza dell'onestà, del ruolo dei giovani e dei vecchi.
lo fa senza retorica supponente dei protagonisti di osteria. è capace di ascoltare e di annuire con convinzione di fronte ai nostri argomenti. prima di dar ragione ad un nostro intervento, disegna un sorriso e rivolge lo sguardo verso il compare di tavolo, in cerca di condivisione di una verità rivelata. accenna al fatto che lui ha visto il mondo, è stato all'estero, in svizzera. il nome della città lo pronuncia veloce e chiude in fretta il discorso, quasi per timore di dover spiegare di più.

ci diamo appuntamento per un'altra volta, senza fissare date od orari. se ci troveremo, faremo festa e continueremo a parlare. in caso contrario, sarà per quando la sorte ci darà udienza.

deve tornare a casa, la moglie gli ha preparato la minestrina stasera, 'per stare leggero', imita lui con la sorniona consapevolezza di uno che si è mangiato cotechino e polenta tutto il pomeriggio, innaffiandoli col nettare di bacco.

prima di uscire si rivolge a me, in maniera umile, quasi a volersi giustificare. usa il dialetto, la sua lingua sincera. 'io sono uno di bassa poesia, dico solo quello che mi fa piacere. per il resto mi metto da parte'.
lo guardo allontanarsi, entrare in auto, fare manovra e scomparire nella sera.

alla tua salute, caro severino, di professione poeta incompreso in un mondo che ogni tanto dovrebbe fermarsi a bere un bicchiere con te.

6 Comments:

Anonymous Anonimo said...

al solito, un quadro meraviglioso.
come mi piace leggerti.
descrivi e quando chiudo gli occhi vedo tutto; a modo mio forse, ma è emozionante.

lunedì 13 novembre 2006 alle ore 14:20:00 CET  
Blogger Paolo said...

ancora più meraviglioso era essere lì davvero a parlare con quel pozzo di scienza bevendo vinello.
buona giornata.
p.

martedì 14 novembre 2006 alle ore 10:38:00 CET  
Blogger mauro said...

la vita di severino é un teorema che non necessita di dimostrazioni. esattamente come il vino non ha bisogno di bicchieri elaborati o di banconi in cristallo sabbiato e legno tropicale.

m.

martedì 14 novembre 2006 alle ore 12:20:00 CET  
Blogger tittielameraviglia said...

Dovrei capire come si fa a concentrarsi su tanti stimoli visivi e olfattivi senza perdersi..io sono forse un primate dei sensi,un po come i bambini che si buttano tutti sul giocattolo o sulla cioccolata..oppure ingordi tentano di trarre piacere da entrambi ma con un colorato pasticcio.La tua meticolosità descrittiva è sempre superba,spaventosamente superba.Io non rinnego il mio infantilismo ma apprezzo l'adulto delle parole.

martedì 14 novembre 2006 alle ore 14:41:00 CET  
Anonymous Anonimo said...

mi aggiungo per dirti che ho preso "di segni e di sogni"... oggi comincio l'ascolto :-)

venerdì 24 novembre 2006 alle ore 12:29:00 CET  
Blogger Paolo said...

ottimo! aspetto le tue impressioni...

venerdì 24 novembre 2006 alle ore 13:40:00 CET  

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