26 ottobre 2006

nuche

strisciata di fiammifero, liscio su ruvido, iniezione di energia visibile.
un transitorio breve ma notabile ed ecco la fiammella perfetta.
tesa verso l'alto, più leggera dell'aria, inghiotte ossigeno per vivere e rilascia luce per ringraziare.

esce fumo odoroso che sprigiona spezie lontane con fumi invisibili di fosforo rubino.

la luce è lenta, poco sicura, rimbalza di intensità come un film impresso da un proiettore zoppo su tela ondulata.
illumina quanto basta la stanza prima di incedere.
è incerto il passo breve di chi non è mai entrato in un quadro.
il profumo dell'olio colorato è intenso e sporca i piedi che appoggiano insicuri e le mani aperte che spingono avanti.
sembra luce là in fondo, alla finestra. In realtà è solo una tonalità di giallo striato, che simula il giorno oltre il giardino di fuori.
il tavolino, le due sedie impagliate, il letto enorme. le tre dimensioni danno un senso al moto curioso.
vi sono due cuscini ancora concavi di nuche. qui c'era qualcuno che si teneva per mano nel silenzio del sonno.
se ne saranno andati di corsa, magari attraverso la finestra, udendo movimenti inconsueti dietro la porta mai aperta.

già le dita iniziano a bruciare.

il moncone di nero bruciato è ormai dominante e porta d'istinto al soffio estintore.
l'aria si rimescola buia, costante di freddo, assente di contorni e dolciastra di gusto.

20 ottobre 2006

denominatore

sono due piccoli uomini, che siedono sul molo lasciando le gambe a pendolo sulle onde.
ragionano intorno alle faccende della vita.
viso rubizzo di chi è stato per troppo tempo a camminare col vento in faccia, in una chiara giornata di pieno inverno.
immagini sovraesposte di freddo in pantone azzurro.
parlano veloci, mangiandosi verbi e aggettivi nella foga del racconto. a volte la conclusione sembra più importante del condimento necessario a raggiungerla.
col tempo impareranno a dosare tempi e sospiri, centellinando vino legnoso e sospirando nubi di fumo.
si credono grandi, i bambini di oggi. l'esperienza vissuta è sufficiente a sentenziare verità.
nulla è irraggiungibile, il loro sistema è fatto di certezze che maturano lungo un percorso obbligato fatto di protezione e carezze.
il buongiorno è felice, aquilone in balia di venti conosciuti che svolazza sopra la testa seguendo spirali di festa.
la buonanotte è oblio rapido. nemmeno il tempo di proiettare la pellicola impressa del giorno appena compiuto, che il sonno arriva e diventa unico attore nel buio sicuro.


uno di loro si troverà molti anni dopo proiettato in avanti, spinto da un peso sulle spalle che non riesce a sostenere senza fare fatica.
continuerà a muoversi, le mani dietro la schiena, per una via nascosta in una grigia giornata d'autunno.
si ricorderà di quando stava seduto sul molo parlando di mondo con l'amico più caro.
sorriderà ripercorrendo con la memoria i discorsi sicuri di chi metteva a denominatore comune la vita e la morte, il cielo e il mare, la luce e il buio, il facile e il difficile.
alla fine concluderà, lacrima su guancia, che sarà meglio prendere fiato e pensare a salire la scala di casa.
odore di minestrone sul fuoco e di pane lasciato bruciare.
presente di lentezza, gesti misurati e ineffabile pazienza di chi pronucia buonappetito affondando il cucchiaio da solo.

09 ottobre 2006

profilo

è una vecchia in arte povera, seduta al tavolino più stretto, all'angolo più remoto.
mangia avvolta dal suo cappotto verde, il cappello di lana in testa.
domanda un bicchiere di acqua dal rubinetto alla ragazza mulatta col grembiule.
acqua calda, almeno tiepida.

esce dalla libreria quasi di corsa.
ancora una volta si è innamorato di una libraia. alta magra capelli lisci e viso scolpito da un genio della creazione plastica.
le era caduta una pila di libri appoggiata a terra, ma nessuno l'aiutava.
lui si era chinato, e aveva rimesso sulla pila l'ultimo libro rimasto in disordine.
lei lo aveva ringraziato con un sussurro, senza nemmeno guardarlo.

due anni fa. l'ultima volta che l'aveva vista.
conservava solo una piccola immagine del suo viso. aveva sempre avuto paura a guardarla con attenzione.
ora sta camminando per la città, in una giornata d'argento opaco.
cerca il suo sguardo, si gira ad ogni profilo che potrebbe assomigliarle.
non è lei.
si ricorda la voce e l'effetto che gli faceva. ora desidera solo sedersi ed ascoltarla.

si siede ad un bar e ordina una birra.
piccola, per una qualche forma di autorispetto verso se stessa e la propria malattia.
osserva fuori dal vetro della porta d'ingresso. le pupille si muovono a scatti seguendo i corpi che passano.
come in treno, quando ci si incanta a guardare un punto fisso del paesaggio.

la vecchia finisce di mangiare, lascia una banconota sul tavolo ed esce lentamente.
gira a sinistra, e nota un uomo dall'aria assente che cammina in direzione contraria.

lui sta ancora pensando di tornare in libreria per chiedere informazioni su un libro di cui aveva letto una recensione.
vede una vecchia vestita di un cappotto verde pesante. un po' troppo pesante per la stagione.

ora è sicuro che si tratta di lei. la vede attraverso la porta del bar, dove sta passando quel tipo e quella vecchia con il cappotto verde.
lo sguardo che non si ricordava più è improvvisamente apparso. si appoggia con la fronte al vetro della porta. il collo pulsa.

lei lo vede. rimane con la birra in mano a un centimetro dal piano del tavolo. non può essere lui.
ecco che entra, si dirige verso di lei. avvicina una sedia e le si siede di fronte.

"mangiato bene?" chiede il portinaio alla vecchia che sta salendo lentamente le scale.

"non abbiamo quel libro" gli risponde la libraia dopo aver consultato l'archivio.

"ti chiedo solo di parlarmi" sussurra lui sfiorandole il dorso freddo della mano e guardandole gli occhi ubriachi.


"salvami" si sente rispondere lei.

07 ottobre 2006

magari

forse la rosa è bianca perché non sa decidere che colore mettersi stamattina.
forse la porta è chiusa perché si vergogna di rimanere aperta.
forse la nuvola passa qui sopra perché dall'altra parte c'era traffico.
forse la sedia ti fa sedere perché le dà fastidio vederti in piedi.
forse la luna mostra sempre lo stesso viso perché l'altro è un po' invecchiato.




se la rosa sapesse decidere, magari si metterebbe un colore che non le dona.
se la porta rimanesse aperta, magari mostrerebbe cose che è meglio nascondere.
se la nuvola fosse andata dall'altra parte, magari avrebbe tamponato un'altra nuvola creando scompiglio.
se la sedia non ti facesse sedere, magari non avrebbe senso sentirsi stanchi.
se la luna mostrasse anche l'altra faccia, magari non potrebbe più avere altre carte da giocare.

si voltò di scatto verso zoe che gli porgeva insistentemente l’ombrello.
“lascia stare, non so dove metterlo”
“ma non vedi il portaombrelli laggiù?”
“no, non è un portaombrelli vero e proprio. È un cestino. Solo che la gente ci ha infilato l’ombrello”